
Chi vuole andare alla conta è avvertito. Mario Monti non finirà sulla graticola. Soprattutto non intende farlo nel mese più drammatico e decisivo per l’Eurozona e per l’Italia. Con la visita di Hollande il 14, a seguire gli impegni del G20, il quadrangolare di Roma il 22 e il consiglio europeo del 28 e 29 giugno, solo sul piano internazionale. Senza contare l’approvazione della riforma del mercato del lavoro e della
spending review, oltre al varo del decreto sviluppo.
Nell’intervenire in videoconferenza al congresso nazionale dell’Acri, il presidente del consiglio non esita ad indicare chi sta facendo lo sgambetto al suo esecutivo: «Il mio governo ed io abbiamo sicuramente perso negli ultimi tempi l’appoggio che gli osservatori ci attribuivano da parte dei cosiddetti poteri forti – ha spiegato Monti – in questo momento non incontriamo il favore di un grande quotidiano, considerato voce autorevole dei poteri forti, e non incontriamo il favore di Confindustria».
Fa nomi e cognomi il premier: dal
Corriere della Sera, di cui in un tempo neppure troppo lontano è stato un importante editorialista, alla Confindustria di Giorgio Squinzi che, neanche insediato, ha subito fatto capire come il vento a viale dell’Astronomia fosse cambiato. Un tema su cui sempre da Palermo è intervenuto il vicesegretario del Pd Enrico Letta che ha suggerito ai poteri forti «di essere più generosi nei confronti di Monti perché vuol dire essere più generosi con l’Italia». E se Letta ha dichiarato che «è fondamentale sostenere il governo», una mano tesa al premier è arrivata dal leader della Cisl Raffaele Bonanni: «Faccia un patto sociale con noi».
Il professore non ha digerito l’articolo a doppia firma di altri due prof (Alesina & Giavazzi) che non sono nuovi a lanciare strali nei confronti del governo, ma che mercoledì se la sono presa – pur senza mai citarlo – con il ministro Passera (sulle cui materie uno è peraltro consulente del governo). E che Passera sia una promessa mancata lo conferma il fatto che per la seconda volta consecutiva il decreto sviluppo entrato in consiglio dei ministri come “fuori sacco” non è stato neanche discusso. E il motivo è semplice: non vi sarebbero le necessarie coperture per le misure che dovrebbero rilanciare la crescita (a cominciare dal credito d’imposta per la ricerca). Un decreto che è già in ritardo, come ha avuto modo di sottolineare ieri per il Pd Francesco Boccia che, di fronte ad ulteriori slittamenti, chiede a Monti di prendere in mano la situazione per sbloccarla.
E che il
Corriere abbia avuto la coda di paglia lo si è visto ieri in rete dove il sito a lungo, rispetto a
Repubblicae allo stesso
Sole24Ore, ha omesso le frasi sui poteri forti salvo rimediare alla “svista” a metà pomeriggio. Non tutti i poteri forti tuttavia hanno abbandonato il premier che ha apprezzato l’incoraggiamento arrivato dalle fondazioni bancarie guidate dal presidente Giuseppe Guzzetti che ha invitato a non toccare la legge Ciampi. Dal canto suo Monti ha ammesso che forse si poteva fare di più, ma ha voluto sottolineare come le riforme messe in cantiere siano incisive nonostante i momenti difficili non siano ancora alle spalle. Se la riforma delle pensioni è stata apprezzata e quella del lavoro è stata sottovalutata dalle stesse imprese beneficiarie, Monti ha sottolineato che «alcuni aspetti, fino ad alcuni mesi fa considerati tabù, sono stati toccati e scardinati in una prospettiva di maggiore protezione sociale». Nel dirsi grato alla Germania per aver tracciato la strada del rigore dei conti che «non è in discussione», il premier ha sottolineato la necessità di «rendere attuabile il
fiscal compact».